Lettara aperta ai cittadini di San Giovanni in Fiore e ai Consiglieri di opposizione di
Maria Concetta Loria - Tesoro Calabria
Cari cittadini di San Giovanni in Fiore e consiglieri di opposizione, vi scrivo questa lettera per condividere con tutti voi una riflessione sull’iniziativa di richiedere il titolo di città per il nostro comune.
Prima di iniziare vorrei chiarire un aspetto che di certo qualcuno non potrà fare a meno di sollevare. Tecnicamente io non sono più, e anche da tanto tempo, cittadina sangiovannese, nel senso che la mia residenza è fissata nel capoluogo bruzio. Questa cosa viene ritenuta un problema per chi certe cose non vuole sentirsele dire, ma non è assolutamente un problema quando si tratta di eleggere consiglieri e addirittura la prima cittadina.
Certo io non ho potenti apparati politici alle spalle. Io sono solo una che cerca di stare dalla Giusta Parte.
Quasi come se chi vive oltre il bivio nord, il bivio sud e Macchia di Lupo non avesse diritto di parola, a meno che non si ricoprano ruoli istituzionali. Roba da soliti noti. Qualcuno mi dice che non ho motivo di dire la mia, mentre altri hanno diritto di amministrare. Quindi può parlare solo chi viene pagato. Io no. C'è anche chi osserva e esprime opinioni solo per pura onestà intellettuale. Difficile da capire in un tempo dove tutti sono disposti a darsi un prezzo.
Funziona esattamente come quando si va via dalla casa paterna: si continua a amare lo stesso e forse anche con maggiore intensità.
Un amore disinteressato, quello che ti spinge a tornare e a desiderare il meglio per il luogo che sarà la tua casa per sempre.
Chiarito questo torno al nodo centrale della mia lettera.
La seduta del consiglio comunale del 29 novembre scorso, ha approvato la richiesta del titolo di Città per il Comune di San Giovanni in Fiore, idea di cui la prima cittadina ne rivendica la paternità, anzi più corretto dire la maternità.
Ho letto attentamente le motivazioni di questa richiesta e onestamente non riesco a coglierne un vero senso logico. Oltretutto in un momento in cui si parla tanto di rinascita dei borghi, noi preferiamo andare controcorrente e aspiriamo ad ottenere il riconoscimento del titolo di città.
Eppure la pandemia sembrava aver aperto un canale comunicativo per un ritorno ad uno stile di vita più semplice e più vero. Abbiamo già dimenticato. Un fallimento.
Probabilmente la prima cittadina, la giunta comunale e l’assemblea consiliare hanno pensato bene che al recupero di identità è preferibile sfoggiare contenitori privi di contenuto.
Dopotutto con il Cavaliere, quello che rischia pure di diventare predidente della Repubblica, abbiamo imparato che la politica è un fatto consumistico. Non c’è differenza tra una televendita e una proposta politica. Una mercificazione delle idee che cancella i confini tra l’amminiatrare e la gestione di un centro commerciale. Ormai la gente sembra essersi adeguata, e facilmente si lascia corrompere da proposte che nulla hanno a che fare con la politica. Sono solo proposte commerciali, una sorta di tre per due. Molto imballaggio e nessuna sostanza. Produciamo rifiuti. Quelli del degrado politico.
San Giovanni in Fiore vive una condizione al limite della sopravvivenza, non resta quasi nulla, e quel poco che c’è funziona poco e male.
Neanche una caldaia in una scuola per l’infanzia si riesce a garantire, ma qualcuno sogna di avere la corona turrita sul gonfalone del Comune.
Le motivazioni di questa richiesta sono riposte nella storia religiosa, monastica e culturale da rintracciare nelle vicende di Gioacchino da Fiore, addirittura capace di ispirare Dante che lo cita nel canto XII del Paradiso come il “Calavrese di spirito profetico dotato”. È vero di cultura si può vivere, ma senza un ospedale, senza la guardia medica e senza medici si muore.
Di cultura si può vivere, ma San Giovanni in Fiore non dispone neanche di un piccolo teatro o cinema comunale. Allora la cultura dove vogliamo farla?
Si parla del centro internazionale di studi Giochimiti, precisando che il Comune è socio, ma i risultati dei congressi internazionali, delle pubblicazioni e dei seminari sono frutto del grande lavoro di un gruppo di appassionati, di un comitato scientifico di elevato spessore e soprattutto dell’amore del presidente; un lavoro che dura da tanti anni, e sul quale qualcuno sta cercando di appenderci il cappello.
Si parla della storia dell’emigrazione (Mattamark, Marcinelle, Monangah), ma dovremmo parlare di una realtà che ogni giorno viene decimata. I suoi figli continuano ad andare via, non c’è lavoro, non ci sono diritti, non c’è dignità. Gli “invisibili” sono sempre più invisibili. E le categorie più svantaggiate non godono di nessun riconoscimento. Un invalido è un individuo destinato a rimanere ai margini, e anche senza “parcheggio”. Perchè non è solo la natura a porre dei limiti, le amministrazioni riescono a fare molto peggio. Nessuna figura a garanzia dei diritti dei disabili. Nessuna attività per la terza età, meno ancora per i ragazzi.
Si chiede il riconoscimento del itolo di città perché, San Giovanni in Fiore, è il comune sede del Parco Nazionale della Sila. Perché è tra i comuni montani più popolosi d’Europa. Poi poco importa se non sappiamo fare turismo, se un solo euro è stato investito per la formazione di personale capace di trasformare le bellezze naturali in attività imprenditoriali. Abbiamo dimenticato il ruolo dell’albergo scuola Florense, ormai chiuso da anni e nessuno muove un dito per riabilitarlo. Poco importa se in piena estate l’acqua si può trovare solo nei fiumi e nei laghi. Poco importa se in piene estate quasi tutti i cittadini sono stati colpiti da dissenteria. Magari nell’acqua c’era qualche batterio. Non ne abbiamo certezza.
Si parla dell’antica tradizione orafa e dell’artigianato locale. Ma non si può parlare di questo nella misura di sponsorizzazioni di sostenitori elettorali. C'è molto di più. Dimentichiamo che avevamo un’importante scuola tappeti, riconosciuta a livello internazionale che ora non c’è più.
Allora mi chiedo e vi chiedo era veramente necessario in questo momento avviare un iter burocratico tanto lungo e cavilloso?
Sappiamo tutti che il titolo è una questione prettamente onorifica, che non porta alcun beneficio se non un momento cerimoniale da lasciare a futura memoria. Allora perché?
Ci sfugge qualcosa? Forse per distrarre un po l’opinione pubblica dai reali problemi della città che sono veramente tanti.
Volersi fregiare di un titolo che in realtà non servirebbe a niente, solo per essere autoreferenziali e vantare risultati inutili.
Anzi ai cittadini toccherebbe pure l’onere di pagare le spese per il cambio delle intestazione dei cartelli, delle bandiere, dei gonfaloni, dove andrebbe inserita la corona turrita. Ci penserei due volte visto il costo esoso delle ultime bandiere acquistate.
A cosa serve il titolo quando non si fa nulla per rilanciare l’economia di questo posto, quando si perdono finanziamenti perché qualcuno ha dimenticato di apporre una firma, quando l’amministrazione trova i suoi fornitori fuori dai confini comunali. Che senso ha chiamarsi città quando le strade sono una Bagadad bombardata e i randagi sono solo povere anime da strumentalizzare, quando non si riesce a creare neanche una piccola oasi canina, a creare sinergie con il volontariato locale?
Un centro che non dispone di un minimo trasporto pubblico, capace di collegare le periferie con il centro cittadino.
Ha senso parlare di città quando le frazioni sono abbandonate a sé stesse, fatta eccezione per qualche vetrina che assolve alla funzione di specchietto per le allodole?
Io voglio dirle queste cose, voglio parlare, e lo faccio mentre altri continuano a percorrere altre strade, più comode.
Perché dovrei tacere? Perché dovremmo tacere?
Allora cari cittadini e cari consiglieri di opposizione penso che sarebbe più opportuno non perdere tempo nel parlare del nulla, ma cercare di essere più costruttivi e concreti.
Qualcuno ha scritto che "l'essenziale è invisibile agli occhi", noi, l'essenziale, lo abbiamo perso completamente di vista.
San Giovanni in Fiore è un comune disagiato, mortificato, depredato, il titolo di città sarebbe l’ulteriore insulto alla sensibilità di chi vive i veri problemi di un luogo ormai divenuto periferia.
Un caro e affettuoso saluto a tutti voi.
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