POLITICA: SE IL GIOCO SI FA DURO...
- Prl Notizie dal Territorio - S. Audia - giornalista
- 20 mag
- Tempo di lettura: 4 min
Le “ultime” fatiche di un politico di razza
di Salvatore Audia
Sono finite le pareti in casa di Mario Oliverio; probabilmente starà ragionando sul fatto di poter mettere da parte qualche quadretto ricevuto in regalo per i festeggiamenti delle sue vittorie politiche - tante (sconfitte poche) - così da fare spazio per appendere, incorniciate a dovere, le sentenze di assoluzione che una ad una stanno arrivando dai tribunali; per ricordare a tutti, se ce ne fosse ancora bisogno, di che pasta, da sempre, egli sia fatto.

Se poi ragionassimo, leggendo bene tra le righe della politica e scevri da condizionamenti, sulle motivazioni che hanno portato i suoi antichi e più recenti amici a trasformarlo da leader del più grande partito della sinistra calabrese - nella sua metamorfosi temporale (PCI-PDS-DS-PD) - a nemico da abbattere, forse riusciremmo pienamente a comprenderne l’integrità politica, la coerenza, e non per ultima, la sua onestà.
Uomini e donne in odore di santità nel mondo ce ne sono stati e ce ne sono tanti ancora oggi - qualche “Gesù Cristo” circola anche dalle nostre parti” - di certo fra questi non possiamo far figurare Mario Oliverio, perché per diventare un “santo della politica”, quantomeno dovresti essere stato democristiano e lui non lo è mai stato, ma di errori ne ha fatti pure lui - chi non ne fa - e nell’ultimo periodo egli stesso lo sottolinea; su tutti quello di non essere andato fino in fondo nella ormai famosa minaccia, più volte reiterata, d’incatenarsi davanti a Palazzo Chigi, se, da parte dell’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e della ministra alla salute Beatrice Lorenzin, non fosse arrivato un provvedimento che ponesse fine al commissariamento della sanità calabrese. “Gentiloni - così spiegava Oliverio in una recente iniziativa - quando seppe che facevo sul serio, mi chiamò per dirmi di soprassedere su quella questione e che a breve avrebbe aperto un tavolo nel quale si sarebbe trovato un modo per superare quel delicato momento. Io, da uomo di partito e delle istituzioni, interpellato dal primo ministro, accettai di soprassedere. Quello fu un grave errore, avrei dovuto andare fino in fondo”.

Ecco! Noi pensiamo che questa vicenda, con anche il contributo dell’estenuante “caccia alle streghe” sfociata evidentemente in “accanimento giudiziario”, fu l’inizio di quella che nel tempo si trasformò poi nella decisione di Mario Oliverio di allontanarsi definitivamente dal quel Partito Democratico che egli stesso aveva contribuito a far nascere. Quel partito che oggi a livello regionale, lo dicono i fatti, senza Oliverio, senza la sua passione, le sue strategie, il suo collante, la sua base, i suoi legami, naviga a vista. Non vogliamo togliere nulla ai rappresentanti attuali, ma messi a confronto con Oliverio, appaiono tutti – perdonatemi - come dei nani; hai voglia a urlargli contro, come hanno fatto qualche mese fa, additandolo come il problema dei problemi. I fatti dicono altro, il consenso senza Oliverio si è disperso, e nella politica il consenso è tutto.
Le domande da porre sarebbero tante. Al PD nazionale e regionale chiederemmo: quante sentenze di assoluzione necessitano per comprendere che Mario Oliverio è da sempre un uomo onesto? Quanto e a chi è davvero convenuto non fare quadrato attorno ad uno dei leader di maggior carisma della sinistra Calabrese? Quanto servirebbe un Mario Oliverio nel Partito Democratico calabrese di oggi? E venendo obbligatoriamente e necessariamente al livello locale: chi, se non Oliverio - ammesso che egli voglia giocare questa “ultima” partita - può guidare un fronte che possa competere nelle prossime comunali? E in ultimo: al di là dei buoni propositi di unità, più volte espressi dai reggenti democrat locali, rispetto ad una coalizione che unisca l’anima civica e quella politica - cosa deve accadere ancora perché quel che rimane del PD sieda attorno ad un tavolo e si ragioni davvero tutti insieme guardando al futuro di SGF? Crediamo fermamente che in politica non è mai troppo tardi per rimediare allo scempio di consensi fatto finora e che solo attraverso la politica dialogante si potrebbero ridare risposte alle domande che hanno disorientato tutto un elettorato. Pur addebitando a Mario Oliverio tanti errori rimane ancora un punto di riferimento per molti; però oggi egli si trova davanti a questioni assai serie: cosa fare per cambiare le cose? Come agire? Si guarda intorno e vede tanti amici, tanti compagni ed ex compagni, alcuni eccellenti, sì, ma non ci sono fuoriclasse. I fuoriclasse, crescono giocando, devono potersi esprimere, devono allenarsi e questo per molti aspetti Oliverio - per usare un eufemismo - non lo ha favorito. Il Presidente non sarà d’accordo - è un punto a suo sfavore che mi permetterà che io gli appioppi, lo conosco da troppi anni.

Ma restando al punto, diciamo che Oliverio i grimaldelli della politica li conosce assai bene e sono ancora fermamente nelle sue mani. Si muove oggi con la verve di sempre; di esperienza ne ha fatta ed egli sa delle scelte che diversi suoi ex colleghi parlamentari hanno fatto in altre realtà nazionali, etichettati tutti come “grandi vecchi della politica” (qualcuno per provocazione li chiama dinosauri), essi hanno scelto di concludere il loro impegno politico mettendosi a disposizione della propria comunità. È tempo che egli si convinca che questa “ultima fatica” tocca a lui farla. Un’avversaria assai tenace in campo c’è già, Rosaria Succurro, che le ha più volte gettato un guanto di sfida. Oliverio nella sua lunga carriera ha ricucito strappi impossibili, risolto diatribe difficili, riuscendo a volte a far dialogare “diavolo e acqua santa”. La sua candidatura per le prossime comunali – al di là del chiacchiericcio degli ultras contrari - viene ipotizzata in modo serio in diversi ambienti, egli però, non come fanno altri, che sperano in un suo niet per poi decidere, tiene il punto e non si sbilancia. Più di un pensiero lo attraversa e quelli che lo conoscono bene sanno che tra questi pensieri di sicuro non c’è quello di doversi arrendere senza combattere. Osserveremo.
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