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COLONNE, BLOCCHI, MATTONI E CEMENTO "di Salvatore Audia"

*lo stesso articolo è presente nel numero di marzo 2024 de "IlQuindicinale"


Eppure era il sogno di tanti sangiovannesi: partire, fare fortuna altrove, tornare e abitare nella casa costruita con il sangue buttato all’estero, nelle fabbriche, nelle miniere, nelle fonderie, costruendo autostrade, palazzi, i più fortunati una guardiania, che non ti affaticava ma ti garantiva l’indennità del notturno, e poi? Poi niente. Quei mausolei sono tutti qui a testimoniare il sogno, l’utopia, oggi trasformati in manufatti inutilizzati ma sottoposti a tasse, si dirà: “siamo emigrati per pagare le tasse su disordinati castelli vuoti”. Il disordine nel costruire, appunto: una casa sognata e bramata; si aveva la smania dello spazio. E sì, perché negli anni 20/30/40 il popolino abitava “ammucchiato”, tutti nella stessa stanza; dopo la seconda guerra mondiale, negli anni 50, si avvertiva forte l’esigenza di ambienti più grandi, così i famosi “casalini” passarono a misure più corpose (7 x 7). Ma non bastava. Dalla seconda metà degli anni 60 in poi il sogno dei padri emigrati, di avere i figli tutti vicini (alla bànna anche dopo sposati), costituì ancora un ulteriore salto di “quantità del metraggio” delle abitazioni, passando a “casalini” di 10 x 10 fino ad arrivare a quelli ancora più grandi, 12 x 12. Ovviamente, tutti questi stravolgimenti sono avvenuti sotto il naso delle amministrazioni che nel tempo si sono succedute le quali da una parte, si vedevano espandere il paesino, diventato nel frattempo paesone, ribattezzato poi dai cronisti, “Capitale della Sila”, non si scherza ragazzi! (Avevamo finanche un ospedale degno di questo nome) e nello stesso tempo, quel modus vivendi, per loro (i politici) era la riprova che i sangiovannesi guardavano avanti con fierezza e speranza verso il futuro, era quella la strada giusta, e loro, intanto, vivevano felici e potenti. (Mannàti sordi ca nue vi llè stipàmu, ca pue veniti e bi llè fravìcamu).  

Il tempo e i cambiamenti del mondo, fanno apparire questo argomento obsoleto, vecchio, da non trattare, perché, cosa vuoi, oggi le distanze si sono accorciate, ci sono le videochiamate di figli e soprattutto nipoti che non tornano più da anni, anzi, nel tempo sempre più breve nel quale tornano, si fermano giusto per salutare i genitori, quando ancora sono vivi, qualche parente più stretto, gli amici, e poi, tutti a fare il bagno nello ionio, Che mare che abbiamo noi in Calabria ragazzi, che mare! Lo dico spesso ai miei amici tedeschi: voi il nostro mare ve lo potete solo sognare, sì, ve lo potete solo sognare”Oggi, nella capitale silana, di quell’espansione cementizia, c’è solo il ricordo sugellato dai cartelli “vendesi”, sono a centinaia; il mercato immobiliare è caduto in una voragine di una crisi spaventosa: e chi le vuole più quelle case!? Qui, è in crisi tutto a partire dalle nascite che banalmente dovrebbero garantire il futuro di un luogo: abbiamo vissuto anni in cui in ostetricia e ginecologia si registravano 150 nascite per anno, ora si e no, in un anno nascono una trentina di bimbi, ma non più a San Giovanni in Fiore, ostetrica e sala parto sono chiuse. Nel frattempo la politica pensa a costruire asili, a progettare ponti ed eco-vie; chi li abiterà quegli asili!? Chi percorrerà quei ponti e quelle eco-vie se la città sta letteralmente scomparendo? Un tempo la popolazione dei residenti arrivava quasi alla soglia dei 25.000 abitanti, oggi siamo meno della metà.  

Una RSA, ecco cosa diventeremo fra una ventina d’anni, una RSA che accompagnerà il tempo della saggezza di quegli anziani che rimarranno: Molti altri la vecchiaia la faranno altrove, invertendo l’antico esodo, raggiungeranno i loro figli (per la maggiore laureati) che avranno trovato lavoro fuori, lontani da una capitale che si è da tempo avviata al suo lento ma inesorabile destino. 

 
 
 

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